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dubbi

«Signore e signori, la situazione è questa.» iniziò a parlare con la sua voce forte, spezzando il silenzio «Al momento non posso realmente escludere nessuno dai sospettati, tutti avevamo più o meno le stesse possibilità di uccidere il dottor Boi. Dovrei trovare un movente e per questo dovrò interrogare ognuno di voi.» ci furono alcune proteste sparse, ma Greco andò avanti «Vi ricordo che sono un poliziotto e siamo in una situazione molto particolare. Prima di procedere con gli interrogatori vi devo chiedere di vuotare borse e tasche, per un motivo molto semplice: nel poco tempo a disposizione l’assassino non ha potuto liberarsi dell’arma del delitto e quindi ce l’ha ancora addosso.»
Greco osservò con attenzione la reazione di ognuno e vide chiaramente che non si fidavano di lui e non erano molto intenzionati a dargli corda.
«Comincio io» disse dopo alcuni secondi. Svuotò le tasche e depositò sul bancone il suo portafoglio, alcune monete, un pacchetto di sigarette e il taccuino con la penna e infine rivoltò all’esterno le tasche per dimostrare che non c’era altro.
Notò un certo sollievo intrufolarsi sui volti dei presenti, perché aveva appena dimostrato che c’era una buona probabilità che lui non fosse l’assassino e allora potevano fidarsi un po’ di più.
I coniugi Oliveri cominciarono subito a depositare oggetti sul tavolino della sala d’aspetto, seguiti a ruota dall’infermiera e dall’idraulico. Greco stava per dire a quest’ultimo che avrebbe dovuto controllare anche la sua cassetta degli attrezzi, quando con la coda dell’occhio vide qualcosa che lo fermò.
Aveva colto un dettaglio, una reazione.
Si girò verso Riccio e vide che aveva un’espressione strana. Se avesse dovuto azzardare, Greco l’avrebbe definita “sorpresa”, ma non ne era sicuro.
«Tutto a posto, signor Riccio?» gli chiese.
«Sì… cioè non lo so, perché nella mia tasca… c’è un…» si fermò e tirò fuori dai pantaloni un coltello che presentava delle macchie di sangue.
La signora Oliveri lanciò un urlo e divenne pallida.
«Signor Riccio, le devo chiedere di posare quel coltello.» disse con molta calma Greco.
«Ma questo non è mio…» disse in tono concitato Riccio «Non so come possa essere arrivato qui… Io non sono…»
Greco lo osservò con attenzione: si stava comportando in maniera strana, parlava e si muoveva a scatti. C’era qualcosa di strano in quello che stava succedendo, ma in quel momento c’era un’altra priorità: che fosse o non fosse l’assassino, era armato e molto nervoso, quindi doveva disarmarlo.
«Signor Riccio, posi quel coltello, per favore.» cercò di mantenere lo stesso tono calmo.
Con la coda dell’occhio vide che il signor Oliveri e Chiesa si stavano avvicinando con fare minaccioso. Greco si rese conto che era l’ultima cosa che avrebbero dovuto fare, rischiavano di far degenerare la situazione.
«Restate lì, ci penso io.» disse con tono autoritario. Vide che si erano fermati e tornò a concentrarsi su Riccio «Signor Riccio… Guido, posa quel coltello e nessuno ti farà del male.»
«Non è vero! Appena lo poserò voi mi salterete addosso e mi prenderete a calci fino a quando non morirò! Voi mi odiate!»
Se non fosse stato assurdo pensarlo, Greco avrebbe detto che fosse drogato.
«Guido, non è vero, nessuno vuole ucciderti.»
«Sì invece! Loro due là dietro non aspettano altro e tu hai la faccia tanto buona, ma sono sicuro che non vedi l’ora!» impugnò il coltello e lo puntò verso Greco «State lontani!»
La situazione stava prendendo una brutta piega e bisognava fare qualcosa al più presto. Riccio non era in sé e rischiava di ferire qualcuno.
Greco era abbastanza esperto nella lotta corpo a corpo, ma il coltello puntato verso di lui era pericoloso e avrebbe avuto bisogno di un suo momento di distrazione per attaccarlo.
«State lontani!» continuava a urlare.
Greco vide l’infermiera farsi leggermente avanti.
«Signor Riccio, per favore, si calmi.»
L’uomo si voltò un attimo verso di lei e Greco capì che era la sua unica occasione. Si scagliò verso di lui con tutti i suoi novanta chili e lo spinse contro il muro. Afferrò la mano che impugnava il coltello e cercò di farglielo mollare. Riccio reagì con violenza, trattenendolo, e spostò il braccio verso il poliziotto.
Greco reagì d’istinto e spinse via il braccio con forza. Sentì una resistenza iniziale e poi il bracciò continuò a muoversi nella direzione che gli aveva dato, fino a quando si bloccò.
Non si sentirono urla né gemiti, semplicemente Riccio si afflosciò tra le braccia di Greco e cadde lentamente a terra.
Tutti osservarono il suo petto, dove si era andato a piantare il coltello. Greco era ancora scosso e non riusciva bene a capire come fosse successo.
La signora Oliveri svenne e il marito si fiondò a sorreggerla.
Nessuno aveva il coraggio di parlare.
Dopo un tempo che non avrebbe saputo quantificare, Greco sentì che una mano si posava sulla sua spalla.
«Ottimo lavoro amico.» disse Chiesa
«Grazie.» riuscì solamente a rispondere.
Stava cominciando a mettere a fuoco gli ultimi eventi e si stava rendendo conto di aver ucciso un uomo. Era successo una volta sola, anni prima e anche allora era stato per legittima difesa.
Saperlo però non aveva alleggerito il senso di colpa allora e di sicuro non lo stava facendo adesso. Era certo che avrebbe rivisto per sempre la scena davanti ai suoi occhi e il signor Riccio sarebbe venuto spesso a fargli visita nei suoi incubi.
«Ora il telefono funziona.» disse Anita dopo un po’.
Greco si girò verso il bancone e si rese conto che dal momento in cui la lotta era finita non aveva mosso un muscolo.
«Bene, chiami la polizia e spieghi la situazione» disse cercando di mantenere la voce decisa.
L’infermiera annuì e compose il numero.
Greco andò a sedersi nella sala d’aspetto perché si rese conto che stava tremando. Una volta raggiunta la sedia che occupava prima che tutta quella storia iniziasse, chiuse gli occhi e cercò di riordinare le idee.
C’era una sensazione di fondo, che non riusciva a mettere a fuoco a causa di quello che era appena successo.
Sentiva che c’era qualcosa di sbagliato.
Tutti gli indizi portavano a Riccio: aveva una delle posizioni migliori, un probabile movente ed era stata trovata l’arma del delitto nelle sue tasche.
Se fossero stati in un romanzo giallo avrebbe detto che era troppo ovvio, che non poteva essere così facile, ma quella era la vita reale; quasi sempre il sospettato principale è il colpevole e doveva essere contento di aver risolto il caso senza che si facesse male qualche altro innocente.
Eppure quella sensazione non se ne andava.